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Un’Europa connessa dispone di infrastrutture efficienti e sicure
Un’Europa connessa dispone di infrastrutture efficienti e sicure
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Un viaggio tra le grandi opere con Sisgeo, azienda specializzata nella produzione di strumenti per il monitoraggio strutturale e geotecnico

DI FEDERICA VENNI

Una storia quasi trentennale che ha visto passare molta acqua sotto i ponti, e per Sisgeo non è solo un modo di dire. Testimone del “cambiamento epocale” che il settore ha vissuto e sta ancora vivendo, soprattutto con la digitalizzazione di strumenti e metodi, Sisgeo è una delle aziende lombarde che meglio possono descrivere l’evoluzione e l’involuzione delle infrastrutture italiane, europee e non solo. Leader in Italia e tra i più importanti gruppi al mondo, l’azienda di Masate, alla periferia est di Milano, è specializzata nella progettazione, produzione e installazione di strumenti di precisione per il monitoraggio di opere di ingegneria civile e geotecnica in corso e in esercizio: ponti, gallerie, metropolitane, strade, dighe, ferrovie, edifici e miniere.

I suoi prodotti – tra cui piezometri, inclinometri, pendoli, stazioni di lettura e data logger – combinano la tradizione manifatturiera italiana con le tecnologie più avanzate e una grande esperienza nei più importanti cantieri internazionali.

Romano Lamperti, fondatore di Sisgeo nel 1993 insieme a Domenico Bruzzi, dopo essere stato dipendente della SIS Geotecnica da cui Sisgeo ha preso vita, è un imprenditore appassionato: così come l’orgoglio per il lavoro svolto e progettato lo spinge sempre verso nuove sfide, allo stesso modo il suo pragmatismo non gli impedisce di vedere e analizzare gli ostacoli che ancora si presentano ogni volta che c’è da costruire o anche solo immaginare una grande opera.

Abbiamo rilevato un ramo d’azienda per dare continuità a ciò che sapevamo fare, investendo molto in tecnologia e puntando soprattutto sui mercati internazionali”. Sì, perché i cantieri nel nostro Paese”, spiega Lamperti, “quando partono sono un groviglio di permessi difficili da ottenere, montagne di burocrazia da attraversare, pagamenti che tardano ad arrivare.

Quindi i progetti più importanti che l’azienda ha chiuso o sta monitorando sono per lo più all’estero. Molti di essi hanno sede in Europa, perché è nel Vecchio Continente che cresce l’esigenza di collegamenti tra gli Stati. Il Grand Paris Express è la più grande rete di collegamento urbano, in gran parte sotterraneo, che unisce la capitale francese al suo hinterland: un progetto gigantesco per il quale Sisgeo fornisce gli strumenti per misurare gli scavi e le interferenze che essi generano con ciò che si trova in superficie, principalmente gli edifici. Per la ferrovia ad alta velocità HS2, progettata nel periodo pre-Brexit, invece, sono stati utilizzati dispositivi esclusivi nel tratto tra Londra e Birmingham: monitorano il comportamento del terreno attraverso speciali sensori installati nei tubi che rilevano i movimenti orizzontali e gli assestamenti verticali. E poi c’è la famigerata Torino-Lione, per la quale “abbiamo lavorato bene sul versante francese mentre in Italia siamo fermi a causa delle proteste NO TAV”, il tunnel di Visnove in Slovacchia, la Metro C di Roma: sono solo alcuni esempi di progetti strategici europei. Ma c’è anche l’Australia, con la metropolitana leggera che collega Perth all’aeroporto di Forrestfield, per la quale è stato controllato lo scavo che passa sotto la pista: “Per non bloccare il traffico aereo, abbiamo lavorato anche con l’aeroporto attivo, e i nostri strumenti sono stati fondamentali per tenere d’occhio anche il minimo movimento del terreno”.

E poi il Cile, con la fornitura di strumenti per la più grande miniera di rame a cielo aperto del mondo, Chuquicamata.

“Sempre in Cile, ci siamo occupati di un’altra miniera, quella sotterranea di San José, dove 33 lavoratori sono rimasti intrappolati nell’agosto 2010 per il crollo del tetto: abbiamo fornito la strumentazione che misurava i movimenti del terreno mentre si realizzava un foro laterale per alimentare i minatori. È stata una grande soddisfazione che ha avuto ampio risalto sulla stampa latinoamericana”.

Sì, “perché “gli italiani sono spesso riconosciuti nel mondo solo per il tessile, il cibo e il design, ma dobbiamo ricordarci che siamo anche un Paese all’avanguardia nella tecnologia”, dove alcune lacune, però, “assolutamente da colmare”, fanno pagare all’Italia “un prezzo reputazionale immenso” e bloccano i collegamenti non solo all’interno del nostro Paese ma anche con l’Europa”.

E poiché l’Unione Europea, per realizzarsi pienamente, ha bisogno di infrastrutture che colleghino i suoi poli turistici, strategici ed economici, dobbiamo darci una mossa. Come? Non c’è opportunità più importante dei fondi del programma Next Generation dell’UE, parte dei quali saranno utilizzati per finanziare la realizzazione di una rete infrastrutturale più densa, efficiente e sicura: “Accogliamo con favore il fatto che ci siano fondi da spendere, ma prima dobbiamo risolvere i tanti problemi che ancora esistono: la mancanza di connessioni a banda larga, la burocrazia soffocante, le procedure lente e complicate per l’assegnazione degli appalti. Solo sciogliendo questi nodi potremo fare in modo che le aziende del nostro settore facciano la loro parte e garantiscano la costruzione di infrastrutture efficienti”.

E sicuro: “Se fosse effettuato costantemente e correttamente, il monitoraggio delle infrastrutture ne garantirebbe la sicurezza. Purtroppo il problema è che, da un lato, c’è ancora una certa diffidenza verso l’uso di strumenti automatizzati e tecnologici e, dall’altro, non c’è abbastanza personale formato per usarli correttamente. Non basta mettere sensori e strumenti su un ponte se i dati non vengono gestiti.

Infine, la sostenibilità: “La creazione di una rete di infrastrutture ferroviarie funzionanti, ad esempio, può contribuire allo sviluppo di una mobilità con un minore impatto sull’ambiente”.

La ricetta, per tutto, è investire in tecnologia: “La nostra attività è sempre proiettata nel futuro, tanto che stiamo brevettando uno strumento validato in Francia, che monitora il comportamento di un asse ferroviario e che speriamo sia il primo di una serie”. Quel che è certo è che, nonostante sia davvero strategico, il monitoraggio specialistico è un settore non sufficientemente sfruttato: “Manca la formazione del personale che sa usare strumenti e piattaforme, ma soprattutto manca la continuità. Chi monitora un’infrastruttura deve farlo non solo durante la fase di costruzione, ma la gestione delle attrezzature deve essere prevista per tutta la durata del progetto. Solo così si potrà beneficiare di una rete che copre un mondo, non solo europeo, che ha bisogno di essere sempre più connesso”.

Fonte: www.genioeimpresa.it